Ripidi gradoni che scendono verso il mare, dolci sentieri che attraversano la macchia, massi neri e luccicanti, venature azzurre e verdi, litorali selvaggi, panorami mozzafiato: di questo è fatto il cantiere Vallone, il più grande ed antico di Capoliveri.

Contro il cielo si ritagliano scuri, con le loro strane geometrie, i vecchi impianti di lavorazione, ad indicarci che siamo in miniera, che qua un tempo si lavorava e polvere, rumore, uomini e macchine abitavano questa nuova quiete, oggi nel cuore del Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano.

Il Vallone è il cantiere a cielo aperto della Miniera di Capoliveri, porta i segni di un lavoro millenario, come le rughe nei volti dei cavatori che, finita la fatica, contemplano il mare. Le tracce rimaste appartengono al passato più recente, i macchinari rimasti hanno lavorato fino al 1981, anno di chiusura per tutte le miniere elbane.

Lo scavo più moderno, con l’impiego massiccio di esplosivo, ha cancellato le testimonianze più remote ma è facile immaginare che Etruschi e Romani ne abbiano ricavato buone quantità di Ematite, Limonite e Pirite e che forse, ancor prima, gli uomini si siano spinti fin qua alla ricerca del Rame nativo, di cui la zona era ricca.



Lo sfruttamento intensivo del cantiere comincia nel XIX secolo e dai primi anni del ‘900 fino al secondo dopoguerra vede l’ingresso di impianti e tecnologie sempre più avanzati, che cambiano il profilo delle montagne e della costa.

Merito del lavoro dell’uomo se oggi la miniera del Vallone ha una bellissima spiaggia bianca, nata dall’accumulo di quei minerali spesso bellissimi che, privi di ferro, non si vendevano alle acciaierie e venivano scaricati sulla costa.

E’ proprio grazie a questa incredibile varietà mineralogica che spesso il cantiere è meta di collezionisti alla ricerca di Azzurrite, Malachite, Crisocolla, Aragonite, Gesso, Granati, Epidoto e Ilvaite.

Lo raccontano i minatori che, imparato il valore e la bellezza di questi minerali, diventarono abili a riconoscere i “pezzi buoni” e a nasconderli per poi venderli ai primi turisti, bramosi di ottenere un perfetto cristallo di Pirite o un prezioso campione blu di Azzurrite.

Qualcuno si commuove quando ripensa che per poche lire di quei “pezzi” ne ha caricati così tanti sui vagoni dell’Italsider, mostra orgoglio e sorpresa quando racconta che i minerali dell’Elba sono in tutti i musei del mondo, si stupisce un po’, felice che il valore della sua terra oggi sia nella bellezza dei cristalli e della natura e nel fascino della sua storia.

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